Dedicato a chi è arrivato a Pavia da lontano ad arricchire la mia infanzia.
"Per un Europa dei Cittadini (e non solo della finanza)".
Anch'io sono cresciuta tra gli emigranti. Meglio, tra le emigranti.
Le "ragazze" che lavoravano nella nostra casa e poi nella sartoria della Nonna Pina venivano da lontano (come si diceva allora, anche riferendosi a qualche altra regione italiana).
Appena nata, ho sentito parlare calabrese dalla Gianna, una splendida tuttofare venuta dal sud che - con la sua bambina nata quasi in contemporanea a me - è stata una presenza costante e importante nella mia vita di bambina pavese.
La Gianna - capelli neri e folti e un neo particolare sul viso - abitava in una corte in fondo a corso Garibaldi, di quelle con le case a ringhiera (il gabinetto era nella corte, uno per tutte le famiglie che ci stavano). Quella corte era la mia meta preferita fino ai 10-12 anni quando mi spostavo in bicicletta da sola, perché la casa della Gianna e di suo marito (oltre al fatto che giocavo in cortile e per strada con la mia amica) era per me un altro pezzo della "mia" casa.
"Vedevo" odor di Gianna sulla tavola, nei racconti e nelle piccole stanze piene di cose.
Chissà perché, collego a lei i maglioni lavorati a mano con diversi motivi a righe, di moda a quell'epoca, che ho visto addosso ai miei fratelli nelle foto ormai d'epoca.
Racconti: non conosco bene la storia, ma ho sempre sentito dire che da ragazzina la Gianna era stata "rapita" (e messa incinta) da un personaggio assai in vista in Calabria, che - come tale - doveva nasconderla agli occhi del mondo confondendola tra la servitù.
Non so come ne sia venuta fuori e si sia ritrovata a Pavia: so che qui ha vissuto tanti anni a casa dei miei diventando una di noi, finché è stata raggiunta dal suo vero uomo venuto a fare i turni in fabbrica e con lui ha messo su famiglia.
La collego agli scatoloni con la corda, forse per associazione di idee, o forse perché ero da lei quando arrivavano pacchi dalla sua terra. Le mie foto della prima comunione sono collegate a quelle di sua figlia e di lei che stava orgogliosa alle sue spalle.
È stata a Pavia tanti anni, perché la ricordo "anziana", ma forse aveva una cinquantina d'anni quando è ritornata nella sua terra. Non posso fare a meno di pensarla, quando passo dov'era la sua corte.
Mi manca. Avrei forse un po' meno di umanità dentro se Pavia non l'avesse accolta.