venerdì 21 marzo 2014

LÍ DOVE SI VA A PASSEGGIO - per un "leggere lento"

Pavia, in surplace - foto © mpaola casali 2014
Amavo andare a lavorare in treno perché potevo leggere: la Nonna Pina quando ero ragazza mi trovava sempre mille cose da fare e riuscivo a gustarmi un libro solo quando lei faceva il suo riposino pomeridiano (15 minuti spaccati, poi ripartiva più ingazzurrita di prima). 

Ho sempre invidiato chi riesce a cuor leggero a "staccare" e immergersi durante il giorno in un libro che non sia un testo dell'Università e naturalmente ho sviluppato (con pochissimo successo) tutte le strategie per farlo, sentendomi in vacanza a ogni minima riuscita in tal senso. 

Non mi piacciono i trucchi per la "lettura veloce": è una contraddizione, perché leggere richiede un forte impegno anche del nostro emisfero sinistro, quello che ci dice di "mettere le cose in fila una dopo l'altra"con calma, oltre che attivare l'emisfero destro che ci permette di "fare rapidamente il clic", di capire il senso di tutte quelle parole sul rigo.

Insomma, leggere vuol dire godersi un pezzo, e ri-goderselo se è il caso: con un libro si può; con il post di Facebook è un po' più difficile perché quando trovi qualche spunto interessante è già stato ampiamente scavalcato da annunci di diete e richieste di "lavoretti per le scuole sulla primavera" (odiosa e demenziale la mania dei lavoretti a tema! senza anima, se non il compiacimento dell'insegnante che vede il "prodotto finito" invece di cogliere la delicatezza della elaborazione visiva olfattiva tattile motoria del bambino che scopre qualcosa).

Stupirsi - foto © paolo salvi 2014


Così ho deciso di regalarvi un pezzo che ho letto nei giorni scorsi nel libro di Moni Ovadia, L'ebreo che ride. E' una poesia che dovete aver la pazienza di leggere fino in fondo, perché forse ci fa venir voglia di ...


Moshe Nadir, Dort vu m'gheit shpatsim (Lì dove si va a passeggio), 1996

Una terra dove non si va a passeggio, dove non si beve vino
la terra dell'acciaio, del ferro, la terra della tecnologia,
la terra dove un uomo che sputa più lontano degli altri
viene dichiarato campione e lo si porta in palmo di mano.
Ho nostalgia di casa
lì si va a passeggiare con una religiosa puntualità
lì piange tutta la cittadina quando un uomo muore
o parte per l'America
e lì gioisce tutta la cittadina quando qualcuno si sposa
o vince la lotteria.
Là i fiori sono piccini e non hanno nome e i boschi sono grandi
e l'amore è quieto e pieno del colore del sangue.
Lì, quando gli orti sono colmi di frutta, in quell'epoca
la gente aspetta fino a quando il sole cala e va a passeggiare.
Non c'è granché da mangiare
pane e miele per i bambini, latte per gli adulti
ma tutti vanno a passeggio
e ogni passo è una grande arte, una scienza.
Lì la vita ha stile e pace e preziosità, e c'è così tanto tempo libero, la gente fa il bagno quando vuole.
Lì quando un signore si leva il cappello davanti a una signora,
lo fa in modo così dolce e lento che si può leggere la marca
e il numero del cappello.
Lì perfino gli anziani ebrei hassidim, religiosi,
passeggiano verso il pozzo, con in mano la giara
e con il sogno dell'acqua fresca disegnato sui volti luminosi.
Ho ancora nostalgia della terra dove andare a passeggio
è un'arte e non un lavoro.
Ho nostalgia dei suoi tetti bassi e dei suoi cieli alti,
mi manca quella terra di fango, di neve e di polvere
che è così tanto più soffice della terra della pietra e del ferro.
Sto rientrando a casa da una passeggiata al Central Park.
Le persone mi guardano come si guarda uno straniero
perché cammino lentamente, serio e con un bastone.



N.B. La Nonna Pina, che aveva fatto le elementari negli anni '20 ma aveva imparato assai nella sua lunga vita e nelle sue esperienze che definirei a pieno titolo "socio-educative", ha scoperto il tempo e il piacere di leggere (e di scrivere) dopo i 70 anni. E fino alle 4 di notte si è divorata tutto quello che aveva a che fare con psichiatria e antipsichiatria, da Basaglia a Petrella, dalle esperienze delle comunità aperte agli esorcismi e agli studi sugli alberi genealogici, passando da Freud e da Jung, dalle storie vere ai saggi degli specialisti, dai romanzi alle erbe di Mességué.

Qualche volta andava anche a passeggio, per il gusto di andarci.

Luci a Pavia - foto © mpaola casali 2014